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Tra nobili famiglie, chiese e un castello: Carbognano e la via per raggiungerlo

di Daniela Proietti

Viterbo, 8 novembre 2020

Avevamo lasciato lo spirito dell’affascinante Giulia Farnese, considerata la donna più bella del suo tempo, sulle dolci acque del Lago di Bolsena.

Nata nell’imponente palazzo di famiglia, che svetta dall’alto  sullo specchio lacustre del borgo di Capodimonte, trascorse la sua vita tra fasti e gente importante, amante di un papa, Alessandro VI Borgia, padre di Cesare e Lucrezia, sua fidata amica, e sorella di Paolo III, che tanti segni ha lasciato: primi tra tutti la convocazione del Concilio di Trento, svoltosi per reagire al dilagare della riforma protestante in Europa, la scomunica del Re d’Inghilterra Enrico VIII e l’autorizzazione alla fondazione della Compagnia di Gesù, l’ordine cui appartiene l’attuale papa, Francesco.

Senz’ombra di dubbio, personaggi di un certo calibro.

Nonostante tutta questa storia, che conferisce lustro a tutto ciò che abbia avuto a che fare con i componenti di queste famiglie altolocate, il castello in cui Giulia la Bella visse gli ultimi anni della sua vita, ci è sembrato quasi in abbandono.

Il primo giorno di novembre abbiamo deciso di farci un giro per paesi, come piace a noi. Senza una meta precisa, vagando, fermandoci quando un particolare attira la nostra attenzione.

Abbiamo imboccato la Cassia Cimina nel primo pomeriggio, quando il sole sembrava volerci concedere una pausa tra le grigie giornate che ottobre ci ha voluto far vivere. Il sole faceva risplendere la superficie del sinuoso Lago di Vico.

Dall’alto, percorrendo la strada, si fatica a vederne la circonferenza, interrotta da promontori e insenature, e osteggiati dai fusti e dalle chiome degli alberi che segnano il limitare della via d’asfalto.

Di tanto in tanto, qualche spiraglio si para di fronte a coloro che percorrono la strada, lasciando intravedere il più alto dei grandi laghi italiani, il livello delle cui acque oltrepassa di poco i 500 metri s.l.m.

Questo bacino, racchiuso tra i versanti dei Monti Cimini, tra cui spiccano le cime del Fogliano e del Monte Venere, non è toccato da insediamenti abitativi, fatta eccezione per poche e fortunate residenze.

 

Il suo nome si pensa derivi da Vicus Matrini, un piccolo centro che sorgeva sulla Via Cassia, a circa tre chilometri dalle sue stesse rive, oppure dal termine Vicus, che i Romani attribuivano ad aggregati di case e terreni. Uno di questi, il Vicus Elbi, dalle dimensioni piuttosto contenute, si formò proprio sul lato meridionale del lago.

L’area attorno al bacino, era attraversata da un’importante arteria di scorrimento, la Via Cimina. La famiglia dei Prefetti di Vico, che dalla località presero il nome,  la controllava, e ne ricavò, tra l’inizio del 1100 e il 1400, ricchezze e prestigio.

Nel borgo, percorso dal tracciato, venne eretta una fortificazione di proprietà della famiglia. Successivamente il controllo passò ai già menzionati e ampiamente conosciuti Farnese.

Ma esiste anche una leggenda secondo la quale il lago ebbe origine dalla verga di ferro che Ercole, già mitologico fondatore del capoluogo viterbese  scagliò, con la sua proverbiale forza nel terreno sfidando gli abitanti del posto, per dimostrare la propria imbattibilità. Nessuno riuscì a rimuoverla, tranne l’eroe stesso. A seguito di quella esemplare azione, sgorgò un immenso getto d’acqua che si riversò nella valle riempiendola e formando il lago.

La scienza, meno romantica e più pragmatica, vuole, invece, che sia stato generato a causa di attività vulcaniche terminate circa 90 000 anni fa e scaturite da centri di diversa origine, che hanno attribuito al bacino una forma policentrica.

Habitat naturale di numerose specie di uccelli, costituisce una nota riserva naturale sin dal 1982. L’intera area è ricoperta di foreste di faggi, cerrete, canneti e spiagge sulle quali, in estate, si riversano centinaia di villeggianti.

A Carbognano si arriva dopo aver  percorso la strada indicata da un bivio sulla Cassia Cimina. La via procede in discesa, snodandosi tra ampie piantagioni di noccioleti che colorano il paesaggio di un verde dalle calde tonalità, sebbene contrarie  alla sua natura.

Il borgo sorge ad un’altitudine di quasi 400 metri che ne fa una zona pienamente collinare.

Un cartello annuncia al visitatore la presenza del castello, e identifica il paese stesso col personaggio della bionda Giulia.

Al limitare di Via di Fontanavecchia abbiamo parcheggiato, attirati dalla chiesa poco distante, dedicata a San Filippo Neri ed eretta nel 1636. Il santo è comprotettore del paese assieme a Sant’Eutizio. Si racconta che  San Filippo Neri, detto anche, per merito del carattere burlone che lo denotava, il “santo della gioia” , abbia salvato alcuni paesani dalle violenze di un manipolo di briganti che si aggiravano nei boschi prospicienti l’abitato. L’edificio religioso vanta il primato di essere la prima chiesa dedicata ad esso. Fu voluta da Orazio Giustiniani, che ricopriva il ruolo di sacerdote nell’oratorio della congregazione fondata da San Filippo Neri.

 Accanto alla chiesa sorge un campanile in stile romanico, presente, quindi, da tempi precedenti. Lo stile degli interni, è barocco e, nella Cappella del Presbiterio è conservata una tela ad olio di San Filippo Neri, copia dell’originale prodotta da Guido Reni, che è possibile ammirare dove riposa il corpo del santo, presso la Chiesa Nuova di Roma.

Abbiamo seguito le indicazioni che portano al centro storico del paese. Non c’ero mai stata, nonostante il suo nome mi risuoni nelle orecchie da diversi decenni.

E’ carbognanese, difatti, la mia insegnante di lettere delle scuole superiori, la Professoressa Anna Lucia Cosimi, una donna a dir poco eccezionale, seria e amorevole. Ne ricordo le magnifiche lezioni, in cui non mi capitava neanche di batter ciglio. Ho sempre avuto interesse per la letteratura, così come per la scrittura, ma i suoi insegnamenti e la sua persona sono stati determinanti.

Quando spiegava, ero incantata. Conservo ancora gli appunti dei due anni in cui ho avuto la fortuna di ricevere il suo sapere. La mattina in cui era previsto il tema, il compito in classe di italiano, attualmente affiancato ad analisi del testo e altri componimenti di varia natura, ero emozionata e fremevo nell’attesa di scoprire le tracce su cui avrei dovuto muovermi. Mi fermavo nella cartoleria poco distante dalla mia scuola, in via San Pietro, e acquistavo una penna nuova, una staedtler blu, il mio colore preferito: avrebbe reso la stesura ancor più gustosa.

Purtroppo non fu il nostro membro interno alla maturità. E ne pagammo le conseguenze, non essendo stata degnamente sostituita.

Ci siamo inoltrati in una silenziosissima Via San Filippo Neri. Non abbiamo incontrato nessuno fino alla piazza. A destra e a sinistra, altri stretti vicoli compongono un labirinto in cui è facile perdersi.

E mentre ci spostavamo lungo la stradina, palesemente antica, abbiamo pensato alla sua storia, che sembra risalire all’epoca Etrusco-Romana. In località Costa dei galli sono stati ritrovati alcuni sepolcreti che pare siano serviti a soldati e persone di passaggio. Ciò fa pensare che il territorio sia stato considerato un presidio strategico addirittura nel IV secolo a. C. .

Nel X secolo il feudo era iscritto tra i possedimenti dell’Abbazia di Farfa, per passare dopo il 1300 ai Prefetti di Vico e, successivamente,  alla Camera Apostolica.

Nel 1494 Papa Alessandro VI Borgia, concesse Carbognano ad Orsino Orsini, signore della poco distante Bassanello (attuale Vasanello) e alla moglie Giulia Farnese (amante pontificale), che lì soggiornò fino al 1522.

Il paese fu poi nelle mani della figlia Laura prima e del suo discendente Giulio della Rovere poi.

Nel 1630 fu elevato a Principato della Famiglia Colonna, poi Colonna Barberini di Sciarra,  da Urbano VIII Barberini. E rimase di loro proprietà sino al 1870, anno di annessione al Regno d’Italia.

La lunga via si apre sulla piazza in cui, oltre al Comune, fa mostra di sé la Chiesa di San Pietro Apostolo, edificata sul progetto dell’architetto Venanzio Rubini da  Roma, redatto nel 1779.

Per costruire l’imponente edificio furono necessari 17 anni. L’atto finale arrivò con la pavimentazione in mattoni, che è ancora possibile ammirarla nella versione originale. Nel 1819 Pio VII la elevò a Chiesa Collegiale. Il primo disegno prevedeva la collocazione dei patroni del paese al di sopra del portico, ma non furono mai realizzati. A sostituirli, due campanili laterali.

 L’elemento che colpisce maggiormente è il soffitto a cassettoni prospettici, sul modello di quelli del Pantheon.

Gli ultimi decori furono eseguiti all’inizio del XX secolo e comprendevano la volta, l’abside e le cappelle.

Usciti dal colonnato che abbellisce e rende solenne la facciata della chiesa, siamo risaliti lungo la via che porta al castello. Il silenzio ha iniziato ad assordirci sempre di più. L’unico rumore che risuonava tra le antiche mura, era quello prodotto dai tacchi dei miei stivali. Un rumore costante e veloce, che stava a indicare passi corti e frettolosi, conseguenza di una gonna tanto aderente da impedire una normale falcata.

Il castello era chiuso. Non abbiamo intravisto indicazioni o biglietterie. Ci siamo dovuti accontentare di osservarlo da fuori e supporre quali fossero gli interni.

Abbiamo scoperto che la Rocca, altro nome con cui è conosciuto, risale ai primi decenni del 1200 e venne ristrutturato tre secoli dopo. Attorno ad esso è nato il complicato borgo in cui, poco dopo, ci siamo inoltrati.

Il castello, stranamente,  non si trova in una posizione sopraelevata rispetto all’intero paese. Eravamo andati a cercarlo, senza successo, nel punto più alto del borgo, salvo scoprire, poi, degli edifici scolastici. Esso divenne, nel XVI secolo, insediamento dei Prefetti Di Vico e, passando in varie mani, arrivò, come già ricordato, a Orsino Orsini.

Il salone nobile è stato finemente decorato con affreschi, stucchi e fregi. Una perla che appartiene alla costruzione è la stanza da bagno, contenente un’ampia vasca  in grado di ospitare diverse persone  e un foro al centro del pavimento da cui arrivavano getti di vapore che la trasformavano in una vera e propria sauna. Il vano era sovrastato da una volta a cupola.

Chissà come si muovevano all’interno delle stanze quelle persone tanto privilegiate da non doversi spaccare la schiena ogni giorno sui campi. Chissà quali pene Giulia dovette sopportare e se, veramente, condusse  una bella vita come appare dagli scritti e dai ritratti a lei ispirati. Già, perché il vero volto della donna, nessuno lo conosce.

Abbiamo continuato a girovagare per le stradine,  tanto simili a quelle dei comuni circostanti, come se fossero tutte figlie della stessa madre. Ogni tanto ci fermavamo, attratti da qualche portoncino, o da uno stipite decorato, oppure incantati dagli sgargianti colori dei fiori che rompevano la monotonia cromatica della pietra. Molti gatti si aggiravano con passo felpato tra quelle mura a loro familiari. Mai si lasciavano intimidire anzi, accettavano tutti di buon grado attenzioni e carezze.

Una minuscola costruzione, appoggiata tra un’abitazione ed un’altra, a ridosso del castello, è una delle più antiche chiese del paese ed è intitolata a Santa Lucia,   che subì il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano, e alla quale vennero cavati gli occhi. La cappella fu eretta nel IX secolo ad opera, così si dice, di un feudatario. Gli abitanti sono da sempre devoti alla Santa, tanto che esiste anche una confraternita che porta il suo bellissimo nome.

Scendendo di livello, siamo giunti all’ex chiesa, ora sconsacrata, fatta erigere nel XVI secolo dalla signora di Carbognano, di cui tanto abbiamo discusso, la Chiesa di Santa Maria della Concezione, sorta per soddisfare le esigenze di un borgo che si stava estendendo. Gli interni furono affrescati dai fratelli Zuccari, che contribuirono a donare immenso  splendore al vicino Palazzo Farnese di Caprarola.

Il sole stava scendendo dietro i monti, e ci siamo incamminati nel silenzio dei vicoli ancora deserti, alla volta della nostra automobile. Abbiamo riflettuto, una volta ancora, su quanti segreti e pagine di storia siano state scritte nel nostro poco apprezzato territorio.

Un’arma a doppio taglio che, se da una parte ha inibito lo sviluppo turistico, dall’altra ha fatto sì che si conservasse il mistero e la magia che  soltanto il silenzio è in grado di regalare.

 

SORIANO NEL CIMINO, UN BALCONE TRA I MONTI

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SORIANO NEL CIMINO E IL POSTO PIU' VICINO AL PARADISO

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CANEPINA, UN PICCOLO BORGO E UNA GRANDE STORIA

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UN BORGO DIMENTICATO: CHIA

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VIGNANELLO, IL CASTELLO E IL BORGO

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Commenti

11/11/2020
09:07:55
Carbognano super (inviato da Claudio)
Grazie cara Daniela perchè solo ora posso dire di conoscere Carbognano.....----------------------------------------------------- Grazie Claudio, sempre un piacere sapere che tu leggi Daniela Proietti

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