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Soriano nel Cimino, un balcone tra i monti

di Daniela Proietti

Viterbo, 20 settembre 2020

Abbiamo deciso di cambiar zona, e un po’ a malincuore ci siamo allontanati da quel ventre materno che è stato per noi il Lago di Bolsena e i fortunati comuni che si affacciano su di esso.

Il proseguimento naturale avrebbe dovuto trovare luogo nei borghi situati all’estremo nord della provincia.

Pensavamo che, non appena fosse finita l’estate, la nostra automobile sarebbe salita verso Acquapendente, per poi far tappa a Proceno, Onano, Latera, Ischia di Castro, Farnese e Canino e stringere come in un abbraccio pieno di riconoscenza le terre che tanto di frequente ci avevano visti durante la stagione calda.

Ma nella vita bisogna saper fare i conti anche con il tempo, quel giudice inflessibile che scandisce le nostre giornate e che troppo spesso ci vieta di viverle nel modo che preferiamo.

La direzione, è stata così invertita verso la verde corona che accarezza da oriente la città di Viterbo, i Monti Cimini.

La prima tappa è stata la bella Soriano nel Cimino, abitata da oltre 8170 abitanti e arroccata come tanti paesi della Tuscia su un’altura da cui domina gran parte della provincia.

Gli  oltre 500 metri slm, fanno del suo inverno uno dei più rigidi della provincia. Ma a me Soriano piace visitarla soprattutto in estate, quando la sua collocazione fa sì che se ne apprezzi il clima gradevole.

Una domenica pomeriggio, quando il sole era ancora alto e ci inondava dei suoi raggi caldi e benefici, abbiamo deciso di farci un giro nel “paese della castagna”.

L’antico borgo rappresenta una delle sedi della comunità montana in cui ha luogo la sagra del frutto autunnale. Una grande festa, con tanto di corteo e rievocazione storica, fanno della tradizione sorianese un evento che richiama migliaia di persone e a cui, una volta vissuto, è difficile rinunciare.

La rievocazione parla di papi e di santi, anzi, della nostra Santa: e’ noto, difatti, che nella metà del XIII  secolo la giovane Rosa, venne cacciata dalla sua città d’origine, Viterbo, a causa della sua vicinanza agli insegnamenti francescani, che tanto erano avversi ai regnanti dell’epoca. In un freddissimo 4 dicembre, dell’anno 1250, la ragazza si riparò nella rocca che domina, ancora oggi, il paese. Lì, le apparve un angelo che le portò la notizia dell’imminente morte di Federico II, che rappresentava per la chiesa un acerrimo nemico. A poca distanza dall’apparizione, la profezia si avverò, e Rosa ebbe il motivo e la libertà di girare nei territori circostanti per portare avanti la propria opera di evangelizzazione fino a quando non salì in cielo, a soli 18 anni.

Tra le numerose restrizioni imposte dalla situazione che si sta verificando in questo 2020, la sagra, come tante delle magnifiche manifestazioni che connotano e danno vita ai nostri bei paesi, quest’anno, non si terrà.

Era nostra abitudine parteciparvi. Si andava  a pranzo nei locali, alcuni dei quali allestiti per l’occasione, e si riusciva ad entrare soltanto dopo aver fatto una fila tanto lunga da farci capire quanto fosse cosa ambita, poi si gustavano i piatti tipici del luogo. Si assisteva alle sfilate e, infine, ci si ritrovava presso la grande padella da cui si ottengono le saporite caldarroste, in grado di riportare alla mente, oltre al gusto, anche gli affetti.

Una lunga e stretta via in discesa, un corridoio con vista sui tetti, conduceva al luogo prescelto per la cottura e la distribuzione delle caldarroste.

Soriano nel Cimino è un paese in cui camminare può risultare una prova a volte ardua, tanti sono i dislivelli a cui si è sottoposti, ma i tratti pittoreschi del piccolo comune di montagna rendono piacevole anche il momento più faticoso.

La terrazza del belvedere, che volge lo sguardo verso est, preannuncia la visione della piazza principale del paese, uno spazio dalla forma allungata.

Diversi bar con tavoli all’aperto, offrono ristoro e scorci graziosi. Ad uno di questi tavoli ci siamo fermati per gustare un ottimo aperitivo e osservare quanti avessero di trascorrere un pomeriggio domenicale estivo. Alcuni turisti e tanta gente del posto, molti dei quali ben vestiti e pronti a partecipare ad una cerimonia religiosa che si sarebbe tenuta, di lì a poco, nella chiesa patronale del paese, posta sulla piazza stessa.

La Chiesa di San Nicola di Bari, venne costruita sul finire del XVIII secolo e lo stile neoclassico ne è testimonianza. L’esigenza di avere un luogo di culto più spazioso, fece sì che venissero abbattuti i due preesistenti e che occupavano quella porzione di territorio. Al suo interno, vi è conservata una statua che raffigura Sant’Antonio da Padova e una fonte battesimale risalente all’età rinascimentale.

Il ricordo che più mi avvicina alla costruzione, risale a oltre venti anni fa, quando assistetti all’abbraccio tra due fratelli che se lo erano negati per troppo tempo, vittime di uno stupido malinteso che li aveva tenuti lontani per gran parte della propria vita. E’ strano come l’orgoglio, che dovrebbe rappresentare una delle più nobili tra le caratteristiche umane, possa assumere le forme di uno scudo malevolo che non permette lo svolgimento delle normali relazioni affettive.

Di lato alla chiesa, una porta introduce al cuore del paese, l’antico borgo della rocca.

Soriano nel Cimino può vantare una storia molto antica, che vede le sue origini  già in epoca romana, e precisamente nel V sec. a.C. quando, stando alla testimonianza di Tito Livio, venne invaso dalle milizie romane impegnate nella guerra contro gli Etruschi: per giungere nel territorio, poi conquistato, dovettero attraversare la fitta e impenetrabile Selva Cimina.

Il paganesimo portato dai Romani si interruppe nel III secolo, quando colui che dopo il martirio sarebbe divenuto Sant’Eutizio, mise in atto l’opera di evangelizzazione.

Il santo, originario della città di Ferento, nacque attorno al 250 e, a 19 anni, venne consacrato  dal Vescovo Dioniso. Proveniente da Falerii Novi, venne catturato e secondo alcune fonti tenuto prigioniero fino alla decapitazione, che avvenne dopo varie torture, in data 15 maggio. La notte dopo l’esecuzione, i fedeli recuperarono la testa e il corpo del santo e decisero di custodirli in catacombe distanti ben quindici chilometri dalla città di Ferento, che si trovavano, appunto, nei territori circostanti Soriano. In seguito all’Editto di Milano, la salma fu posta in un sarcofago marmoreo e sul sepolcro venne costruita una chiesa che rappresentò poi il centro della frazione che porta il suo nome.

Alla fine dell’inverno del 1994, ci recammo a Sant’Eutizio, nella canonica della chiesa. C’era una grande stanza e tanta gente in attesa di essere ricevuta da un frate. Si diceva facesse miracoli. Per questo era pieno di gente. Mi resi conto, così, che non ero certo l’unica ad aver bisogno d’aiuto. Il miracolo non avvenne, ma la benedizione del frate, ci diede comunque forza.

E quella domenica di fine luglio, dopo che avemmo sorseggiato il nostro aperitivo, ci vide forestieri curiosi e ammirati all’interno di un borgo nel borgo che negli anni precedenti avevamo attraversato senza porre la giusta attenzione.

La strada in ripida salita, fece sì che ci fermassimo per una prima breve sosta in visita nell’antica Chiesa di Sant’Eutizio. Sembra, infatti, che le sue origini risalgano al medioevo, sebbene nel tempo abbia subito diverse modifiche e ammodernamenti, anche su commissione della Famiglia Albani di cui la chiesa riporta lo stemma al di sopra della finestra con balaustra sulla facciata.

Ci siamo inoltrati, poi, per le vie dell’antico paese, ascoltando un silenzio che ci induceva a fonderci con tutto ciò che ci circondava. Abbiamo notato, con favore, che tutte le case sono ben tenute e abitate, assicurando al luogo una vitalità che non può che valorizzarlo. Ci siamo incamminati per le viuzze in salita, tra i balconcini adorni di fiori e le porte con le chiavi ancora infilate nella toppa. Le chiacchiere di alcune donne ci hanno attirati, così come i loro sguardi che ci hanno soltanto sfiorati.

Inoltrandoci verso il nucleo della zona storica, il panorama è sfuggito dalla nostra visione, per poi rivelarsi una volta giunti all’ingresso di quello che fu un castello.

Fatto erigere tra il 1277 e il 1279  da Papa Niccolò III Orsini sulle rovine di un castelletto eretto attorno all’anno 1000, esprime l’ampliamento di un palazzo torre voluto dalla famiglia Guastapane-Porcaro.

 Nella seconda metà del XV secolo fu restaurato e rinforzato. Gli stemmi dei papi Callisto III e Innocenzo VIII, dimostrano quanta rilevanza ebbe la fortezza nella difesa dello stato papale.

Ne è testimonianza lo stemma del cardinale Rodrigo Borgia che indica il ruolo che svolse per circa 50 anni prima come vice cancelliere sotto 5 papi e successivamente come papa con il nome di Alessandro VI.

In quel periodo Soriano poteva contare su un ampio rifornimento di acqua e venne dotato di un buon numero di fontane: quella sita all'interno delle vecchie mura del paese, fu costruita durante la metà del XV secolo e fu dedicata a papa Niccolò IV.

Nei secoli il Castello Orsini di Soriano è stato protagonista di molteplici vicende. L’antica fortezza medievale passò in mano a diverse famiglie locali: i Borgia, i Della Rovere, gli Albani e i Chigi.

Successivamente, nel 1848,  divenne proprietà dello Stato Pontificio. E proprio in quell’anno, a seguito alla cessione dell’intero territorio, Soriano fu abbandonato dalla nobiltà e il castello trasformato in struttura carceraria direttamente dipendente dalla Santa Sede fino al 1871, quando la prigione diventò di stato. Circa trent’anni fa, il carcere fu chiuso e, dopo alcuni lavori di mantenimento e ristrutturazione, è diventato sede di mostre ed esposizioni e può essere visitato ogni fine settimana.

La struttura del castello è davvero imponente. Il complesso è difatti interamente circondato da alte mura merlate. Tra gli elementi che denotano lo storico edificio, un preziosissimo altare in peperino proveniente dall’ormai distrutta chiesa della SS.ma Trinità del Cimino.

Ci siamo fermati diversi minuti ad ammirare l’ex fortezza e le grandi pietre che la compongono da quasi ottocento anni con lo stupore che si riserva alle strutture che hanno percorso i secoli e che hanno accolto personalità e gente comune e, in questo caso, anche tanti disperati che si sono trovati nella situazione di dover saldare il proprio debito con la giustizia.

Ci siamo poi voltati e i nostri sguardi si sono potuti allungare ora verso i verdi Cimini, ora verso la vallata che vede elevarsi quel Monte Soratte da cui, secondo alcuni studiosi, Soriano nel Cimino trarrebbe la sua denominazione.

Tante sono le interpretazioni che si danno al nome, come tante sono le cose che dobbiamo ancora ammirare. Ma il tempo non ci manca, così come la voglia di esplorale e accompagnare quanti vorranno seguirci.

Photogallery

Commenti

20/09/2020
21:31:11
Sono di Soriano (inviato da Anna marini)
Bellissimo paese, tutto da scoprire

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