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Il paese del contrario. Cantilena monotona per lettori pazienti

Il paese del contrario.
(Cantilena monotona per lettori pazienti).

 

Il paese del contrario è un paese dove, come si intuisce dal nome, le cose dritte non esistono, non si sanno fare, non si vogliono fare, sono abolite.

Nel paese del contrario capita che una delle opere più prestigiose venga raffigurata, appunto, al contrario.
E proprio dove si deve argomentare il motivo della candidatura a capitale della cultura.

Ma per fortuna non è solo questo.

Nel paese del contrario, i cartelli di divieto di sosta indicano le aree di parcheggio libero.
E i cartelli che raffigurano un autogru, significano che puoi tranquillamente parcheggiare ma se hai bisogno di assistenza c’è anche il servizio ACI gratuito.

Nel paese del contrario, se un assessore dice che chiuderà il centro alle auto, vuol dire che le auto potranno entrare a tutte le ore.
E che le più belle piazze diventeranno enormi centri di accoglienza per i mezzi dei "culipesanti".

Nel paese del contrario, isola pedonale vuol dire che i pedoni vengono prima isolati, poi circondati, poi calpestati dalle auto in perenne carosello.

Nel paese del contrario, dar da bere agli assetati non è un’opera buona, è un omicidio.
E le fontane non buttano acqua ma contengono melma e immondizia.
E servono da parcheggio e percorso di prova per i SUV.

Nel paese del contrario si pensa di fare cultura senza coltivarla, senza i posti dove farla, forse senza neanche conoscerne il significato, credendo che basti nominarla per essere acculturati.
Convinti che “io so io e voi nun sete un cazzo” sia sinonimo di cultura.

Nel paese del contrario, quando hai un’opera che gli altri ti invidiano, non cerchi di valorizzarla, no, cerchi di togliertela dalle balle prestandola a chi è più furbo di te e, ben felice di riceverla, dietro dietro pensa: “che pollastri!”
E un’antica carrozza non si lascia esposta nel migliore dei modi, no, si smonta e si ficca in un magazzino conservandola alla meno peggio.
Con il rischio, o la speranza, che faccia la fine della statua del maestro Paternesi.

Nel paese del contrario, nella commissione per la scelta della “macchina” simbolo di un’intera città, non viene messo neanche un rappresentante del Sodalizio dei facchini.
Del resto, il solito saccente dice: ma che cazzo vuoi che ne capiscono loro della macchina di Santa Rosa.

Nel paese del contrario, si invia una “macchina” a rappresentare la città di Viterbo all’Expò di Milano, ma si esclude quello che l’ha ideata, che potrebbe sapere meglio di altri come esporla, come valorizzarla, quali lavori di ripristino fare, di quali opere di manutenzione ha bisogno.

Nel paese del contrario, si invitano i rappresentanti di una cittadina francese per fare un gemellaggio e, in quel caso, i vigili urbani non servono a controllare traffico e strade, no, servono a fare servizio di navetta fra alberghi e ristoranti.
E se qualcuno, gentilmente, si degna di rispondere, lo fa cambiando totalmente discorso, sciorinando numeri a dimostrazione della parsimonia che anima l’amministrazione, spiegandoti che si sono preoccupati della sicurezza degli ospiti, spiegandoti che poverini, venendo da un paese così provato da un recente attentato, era giusto creargli intorno un cordone di sicurezza.
Signori miei, se quando siete stati voi ad andare in visita vi hanno trasportati con un cellulare, siete sicuri che fosse per la vostra sicurezza?

Nel paese del contrario, può capitare che voti per la sinistra e ti ritrovi un presidente del consiglio di destra.

Nel paese del contrario non esiste una maggioranza e una opposizione, è la maggioranza stessa a farsi opposizione.

Nel paese del contrario, se la sinistra presenta un candidato per le provinciali, lo vota anche la destra.

Nel paese del contrario, voti un’amministrazione di centro sinistra, e poi ti accorgi che di sinistra c’è ben poco in quella variopinta e variegata coalizione.
Ti accorgi che se prima le sirene cercavano di ammaliarti con il loro canto, oggi ti vedono come una cosa fastidiosa, un essere inutile, un male da estirpare.
Fino alla prossima serenata.

Nel paese del contrario, se fai una critica non analizzano se sia giusta o sbagliata, no, ti attaccano dicendoti: “visto che siete così bravi, venite voi qui a lavorare”.
Eh, già, vi piacerebbe. Già ci raccogliamo l’immondizia da soli, e gratis, dovremmo anche venire a lavorare al posto vostro?

Nel paese delle cose giuste, i cittadini avrebbero risposte, non sfide.

Nel paese delle cose giuste, ci sarebbe dialogo fra eletti ed elettori.

Nel paese delle cose giuste, i cittadini non avrebbero bisogno di
lamentarsi continuamente.

Nel paese delle cose giuste, non esisterebbero rompiballe come me.

Giancarlo Paglia

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Commenti

14/04/2015
22:38:51
Il dramma. (inviato da Carlo)
Nel paese delle cose giuste i soliti noti non avrebbero costretto i cittadini a dover scegliere tra il niente ed il nulla durante le elezioni comunali. Perch? sia chiaro sono riusciti, come sempre in questo paese allo sbando, a far si che i viterbesi (quelli che si sono recati alle urne per il ballottaggio) dovessero esprimersi tra due contendenti che rappresentano (assessori e consiglieri inclusi) il peggio esistente.
14/04/2015
20:33:37
"De vero" (inviato da Alberto Brozzi)
Le parole di Giancarlo sono belle, rappresentano fedelmente una realt? e nello stesso tempo una grande tristezza. Ma come non esserlo.
14/04/2015
20:18:55
che dire (inviato da eleonora)
Sig Paglia: le devo fare i miei complimenti. . ? un gradevole piacere leggerla e condividere ogni sua parola

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