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Il Grande Nord

 

di Daniela Proietti

12 maggio 2017

Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco (Josef Koudelka)

Ho sempre subito il fascino di coloro che, per lavoro o per diletto, si allontanano frequentemente dalle proprie dimore per mettersi in viaggio. Calpestare ogni volta nuovi terreni, incontrare persone che sono nate e cresciute lontano da dove lo abbiamo fatto noi e di conseguenza culturalmente diverse è una cosa che mi affascina come, credo, la maggior parte della popolazione.

Ma io viaggio, quando posso, per sfuggire alla routine. L’abitudinarietà non è mai stato il mio punto di forza: anzi, è il mio più evidente punto di debolezza. L’interruzione, che si manifesta inizialmente come una crepa del vivere, la ricerca di stimoli nuovi, di ossigeno.

Uno dei viaggi più belli che ho fatto, è stato nelle terre del nord. In età matura, accompagnata soltanto da due ragazzi, i miei figli. Un viaggio diverso rispetto a quelli che avevo fino ad allora compiuto, quando ero al sicuro sotto la guida di un uomo.

Ritrovarmi in una primavera appena accennata, con i vividi colori del sole che non scuriscono quasi mai, neanche a mezzanotte, mi diede un’energia mai provata. Navigammo quasi trentasei ore, costeggiando ora in prossimità, ora poco più lontano le coste della Scandinavia. Inizialmente apparvero ai miei occhi le multicolori casette svedesi, simili a quelle che da piccola avevo conosciuto negli episodi di Pippi Calzelunghe. Una sensazione di calma piatta, in linea col paesaggio di certo non sorprendente. Poi, il mare aperto.

La nostra nave sussultava, impersonava il ruolo di una goffa ballerina tra gli spruzzi d’acqua marina poco evidenti. In lontananza le brutte e desolate piattaforme petrolifere, il cui liquido estratto foraggia un’economia solida e silente. Ho pensato a che razza di vita possano fare coloro che sono impegnati nel funzionamento e nella manutenzione delle stesse. In solitaria per gran parte dell’anno, avvolti dal perdurare della luce in estate e dall’oscurità in inverno. Sempre che il mare lo permetta.

Il sole ci accompagnava ad ogni ora del giorno, sfuggendo ad un orizzonte che non riusciva ad inghiottirlo. Ma il corpo inesorabilmente cede, e gli occhi si chiusero con la consapevolezza che quando si sarebbero riaperti avrebbero ammirato un mondo inaspettato.

Quando immaginiamo un luogo, non è mai uguale a quello che ci troviamo di fronte. Siamo indottrinati dai racconti di chi ci è già stato e da foto realizzate col grandangolo. La realtà, come si dice, è sempre diversa.

E così decisi di salire sul ponte, a saziare i miei occhi e il mio cuore. Un giorno e mezzo di mare aperto mi aveva allontanato dai miei affetti in Italia. Siamo perennemente connessi, la solitudine non ci appartiene più. Tante volte mi sono chiesta se tutti i mezzi che oggi abbiamo per non perderci di vista in realtà non ci allontanino ancor di più. Accettiamo di separarci dai nostri figli perché li sappiamo raggiungibili in ogni momento, anche se lontani. I miei genitori non mi hanno permesso ciò che io concedo ai miei figli: la lontananza impauriva, intristiva.

Il fiordo ci accolse con un gelido abbraccio, le cime erano vestite del candido mantello di neve che alle nostre latitudini era scomparso da mesi. Le profonde acque blu accarezzavano le montagne, in alcuni punti rocciose, in altri ricoperte di vegetazione dalla forma tanto simile alle nostre Dolomiti.

L’approdo a terra avvenne in un paesino piuttosto deludente, dalla tipica composizione studiata a consumo dei turisti. Qualche negozio, ristoranti di pesce, “pizzerie” (il virgolettato è d’obbligo), uno spoglio minimarket e un locale davvero carino, il Geiranger Sjokolade. Lì abbiamo assaggiato una delle migliori cioccolate della nostra vita. Sarà stato perché era freddo e le calde coperte di lana a disposizione dei clienti ci donavano un tepore materno, sarà stato per l’azzurro delle pareti in legno o per il profumo dei tanti aromi che ci avvolgeva, ma quella tazza di denso liquido marrone è rimasta ineguagliata.

L’abbandono del paesino avvenne tramite una lancia che salva la costa dall’approdo delle inadeguate navi da crociera. E così, dopo, dal ponte della nave, protetti da spessi plaid, abbiamo iniziato a squarciare le acque profonde, godendo di una vista senza pari. Ogni tratto di costa era diverso dal precedente, ampi spazi alberati si succedevano a lande desolate. Poco distanziati l’uno dall’altro, si affacciavano altri paesini apparentemente solitari e totalmente contrapposti al caos delle grandi città. Tende di capeggiatori in solitaria coloravano il panorama.

Poi di nuovo il mare aperto: il vento forte spazzava i nostri volti, costringendoci a battere in ritirata.

I 10°C di metà luglio vennero percepiti come se si fosse a zero a causa della pioggia intermittente che aveva deciso di darci il benvenuto presso l’abitato di Bergen, una città sorta su di una serie di isole, all’interno di un grande fiordo.

Pochi mesi dopo lessi il romanzo “Il pescivendolo italiano in Norvegia” e fui pentita di non averlo fatto prima. Mi avrebbe aiutato a comprendere meglio quel luogo così inusuale.

Restammo meravigliati dalla quantità di pesce presente nel suo famoso mercato e, soprattutto, dalla diversità di alcune specie ittiche. I profumi si confondevano ai colori vivaci dei piatti preparati e serviti, il calore della cucina smorzava l’umidità che veniva dal cielo e dal mare. La visita alle botteghe del vecchio centro, sorte quando la città di Bergen faceva parte della gloriosa Lega Anseatica, mostravano la ricchezza naturale del territorio: pellicce, oggetti in legno ottenuti dagli innumerevoli alberi dei boschi, elementi di artigianato vario e lo studio di una pittrice, dove non potei fare a meno di acquistare due tavole, ora appese in casa mia, che mi ricordano costantemente quel viaggio.

La compostezza degli abitanti e la fede alle regole che si desumeva dal comportamento degli stessi, si configurava nell’ordine della città. Anche un semplice cantiere era uno specchio, per pulizia e linearità. Ma il porto, come tutti i luoghi che danno inizio al viaggio, era il luogo più coinvolgente. Eleganti yacht si alternavano a navi peschereccio o rimorchio brutte e arrugginite. La salsedine intacca ogni cosa: i metalli, i capelli e gli animi.

Per uscire dalle lunghe ramificazioni della città norvegese è necessario passare sotto diversi ponti, nati per collegare terre divise dalle acque. La vista fu spettacolare, ma intrisa di nostalgia verso quel mondo lontano e algido che stavo per lasciare, tanto diverso dal luogo in cui sono nata e vivo.

Il sole allo Zenit riluceva sulle acque del Mare del Nord, quando giungemmo alla località balneare di Kristiansand, file ordinate di case basse con giardino di fronte alla spiaggia e parchi con pratino all’inglese, conferivano alla cittadina l’aspetto di una meta turistica priva di fascino. L’aspetto multirazziale della popolazione è l’elemento più evidente. Nei negozi, ordinati ma meno eleganti di quelli in cui è esposto l’italian style, commesse con il tipico velo islamico servono la clientela composta prevalentemente da crocieristi.

Le strade larghe, in cui il chiarore del sole si sovrappone a quello della pavimentazione, sono intervallate da luoghi di ristoro dal marchio internazionale. Ordine e regolarità ma poco fascino. Mi chiesi: come diventeranno questi luoghi quando la popolazione autoctona diventerà una minoranza? Come cambieranno gli usi, le abitudini e la fisionomia? Avrà ancora senso parlare di Grande Nord?

In serata la nave lasciò la costa per dirigersi a sud, con la promessa dei raggi di un sole al tramonto che segnavano una nuova via sull’ampia e calma distesa d’acqua.

Daniela Proietti

Commenti

03/10/2016
22:06:19
1 a 1 (inviato da Massimo)
Grandissima punizione dell'Alessandria che riporta in parità il risultato.. 1 a 1
03/10/2016
22:00:00
1 a 0 (inviato da Massimo)
Incredibile. La cremonese vince ad Alessandria uno a zero
03/10/2016
21:49:20
ancora secondi (inviato da Massimo)
Fino a questo momento 21.49 Alessandria e Cremonese sono ancora sullo 0 a zero.. se finisce così il sogno continua!!
03/10/2016
21:46:43
Bravo (inviato da sandro)
Condivido ogni singola parola... Un analisi onesta e molto veritiera. Aspettiamo il patron che tra un po ci stupirà!!
03/10/2016
20:08:35
N* 10 in arrivo (inviato da Luca)
Voci insistenti di mercato dicono che il comandante ha messo gli occhi su di un fortissimo centrocampista e un laterale. Per quanto riguarda la spalla di Sforzini io ci vedrei Invernizzi. A me la Viterbese domenica è piaciuta tantissimo. Una squadra cinica che non ti perdona nulla.
03/10/2016
19:41:03
Tivoli (inviato da Stefano)
Vincere a Tivoli su un campo di patate come quello è un grandissimo risultato. Solo chi non ha mai praticato calcio non capisce certe cose.
03/10/2016
18:58:29
Anche in trasferta il mister (inviato da Luciano)
Buona sera Mister.. Domenica vederla in trasferta ? stato un piacere... Di fatti di tutti gli articoli che ho letto il suo ? stato l'unico veramente ben fatto. Soprattutto il suo elegante modo di vedere il calcio, deve essere di esempio a molti professionisti del giornalismo, che spesso dicono cose insensate. Sulla radio a sentire certi commentatori mi sono veramente cadute le braccia. Grazie per la sua autorevole testimonianza.
03/10/2016
18:48:59
Grande Mister!!! (inviato da Edoardo)
Mister è un piacere vedere questo tipo di letture calcistiche.. Mi fa venire voglia di tornare allo stadio. Grazie

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