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Dove le strade non hanno nome

Beirut, un giorno di febbraio.
il bambino appoggia le mani sul vetro della macchina.
e’ sporco. non parla. guarda con i suoi occhi azzurri l’interno della macchina e si disinteressa completamente della persona.. poi improvvisamente, come se avesse finito la sua ricerca nel nulla, mi guarda negli occhi. fisso. e’ come un piccolo fantasma, comparso da una strada qualunque di beirut, sporco di fango e catrame, macchiato dal sangue dei suoi mille tagli, scalzo, le mani livide di polvere, lasciano il segno sul vetro. come a dire: io sono stato qui, io ho toccato la tua vita, per un attimo sono stato anche io nel tuo mondo.
il semaforo torna verde e le macchine, fra rumore e odore di gas di scarico,  nella loro lentezza riprendono a camminare.
lui e’ ancora li’.
non dice nulla.
il suo sguardo e’ fisso sui miei occhi.
io non riesco a non guardare. due piccole perle azzurre nello sporco. il suono del camion dietro di me mi riporta alla realta’ e stacco la spina che mi legava a quello spirito.
un fantasma. 10 metri avanti e cerco nello specchietto se riesco ancora a vederlo.
perso.
perso nelle lamiere, nel rumore, fra i suoni di una strada qualunque di un quartiere qualunque. so che ci sono.
lui e i suoi amici. so che sono la’ dietro fra gli spartitraffico di cemento segnati da ore di smog e dai piccoli incidenti di improbabili autisti…..
 
la signora cammina fra i negozi da cento dollari a respiro, scruta le vetrine con la discrezione di chi vuole farsi notare a tutti i costi e si lascia coccolare dall’inutile, il portamento eretto ne dichiara l’estrazione sociale.
sembra altezzosa e fiera, indossa l’arroganza del denaro, e’ rifatta sul naso e sul seno.
veste un abito di chanel rosso ed i bottoni avana. io sono sempre seduto dal mio posto di osservazione preferito.
la mia macchina, nella mia attuale citta’, nel mio traffico abituale.
lei a piedi e’ piu’ veloce dei miei attuali movimenti, ne seguo il percorso, come lei inconsciamente segue il mio..si volta verso la strada per passare sull’altro marciapiedi e scruta tutti come per far notare l’importanza di un gesto, altrimenti comune.
incrocio gli occhi col suo sguardo. adesso sono io il suo fantasma. sono io a lasciare le mie mani sul suo vetro..
lei non posa lo sguardo.
mi sta’ quasi minacciando.
senza sapere che lo stesso sguardo, perdendo di fuoco, non guarda piu’ lei ma i segni delle mani del bambino sul mio vetro…

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